No a troppe informazioni che rendono identificabile un bambino malato. Il diritto del minore alla riservatezza prevale sul diritto di cronaca e neanche il consenso dei genitori autorizza il giornalista a riportare informazioni che possano nuocere al suo sviluppo.

Il Garante Privacy a seguito della pubblicazione di diversi dati identificativi di una bambina (fotografie, il nome, il luogo di residenza, l’età, il nome e il cognome della madre, il nome della scuola frequentata), su alcune testate giornalistiche, ha avviato d’ufficio un’istruttoria, in cui ha chiesto alle società proprietarie delle testate, a fornire proprie osservazioni nonché a rappresentare eventuali iniziative assunte spontaneamente a tutela della minore

Il Garante ha tuttavia ritenuto di non dover adottare alcun provvedimento inibitorio, poiché le testate, appena avuta notizia dell’avvio dell’istruttoria, hanno eliminato gli articoli dalla rete o oscurato i dati che rendevano identificabile la bambina.

La vicenda descritta negli articoli affronta, a parere dell’Autorità, un tema di indubbio interesse pubblico, riguardando il dibattito in corso sul rapporto rischi benefici delle vaccinazioni.

Nel riportare la notizia, i giornalisti devono però tener conto delle regole che disciplinano il rapporto tra attività giornalistica e protezione dei dati personali e delle garanzie poste a tutela dei più piccoli.

Nel caso di specie trovano applicazione le norme che regolano il rapporto tra attività giornalistica e protezione dei dati personali, nonché i principi e le specifiche garanzie poste a tutela della dei minori. In particolare:

  • l’art. 137, comma 3, del Codice il quale dispone che in caso di diffusione di dati personali per finalità giornalistiche restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’articolo 2 del medesimo Codice (dignità, riservatezza, identità personale e protezione dei dati personali) e, in particolare, il limite dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico;
  • l’art. 7 del codice di deontologia il quale afferma che il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di cronaca e stabilisce che «al fine di tutelarne la personalità, il giornalista non pubblica i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca, né fornisce particolari in grado di condurre alla loro identificazione» (comma 1).

Il principio di essenzialità dell’informazione e la speciale tutela a favore del minore devono essere inoltre interpretati alla luce della particolare protezione accordata, anche nell’esercizio dell’attività giornalistica, alle informazioni idonee a rivelare lo stato di salute (art. 139 del Codice). Con riguardo al caso di specie, e proprio in relazione a malattie gravi riferibili a una persona identificata e identificabile, il codice di deontologia prescrive al giornalista di rispettarne la dignità, la riservatezza e il decoro personale e di astenersi dal pubblicare dati analitici (art. 10). Anche la Carta di Treviso, richiamata dal citato art. 7 del codice di deontologia, stabilisce che, in caso di bambini malati, occorre porre “particolare attenzione e sensibilità nella diffusione delle immagini e delle vicende” che li riguardano al fine di evitare forme di sensazionalismo lesive della loro personalità.

E, anche se in questo caso la diffusione di dati personali è avvenuta con il consenso dei genitori, questo elemento, sottolinea l’Autorità, non è di per sé sufficiente a legittimare l’identificabilità del minore. Il consenso parentale non esime infatti il giornalista dal valutare il potenziale pregiudizio che può derivare dalla pubblicazione di informazioni così dettagliate.

Il giornalista è chiamato ad adottare le cautele di volta in volta più opportune per tutelare il minore, senza per questo abdicare al ruolo fondamentale di denuncia e informazione della collettività. Tale principio, più volte affermato dall’Autorità, trova conferma anche nella Carta di Treviso, secondo cui, “a prescindere dall’eventuale consenso dei genitori, il  minore non va coinvolto in forme di comunicazioni lesive dell’armonico sviluppo della sua personalità“.

(Fonte Garante Privacy)